L’inesistenza della capacità di succedere dell’animale domestico

10/05/2021 | Varie

Affinche’ si possa ereditare un bene,  la legge dispone che sia  necessario essere in possesso della “capacità di succedere” -

La predetta capacità,  per le persone fisiche,  è disciplinata dall’art. 462, comma 1 e 3, c.c., i quali sanciscono, rispettivamente, che «sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione» e «possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benchè non ancora concepiti».

E’ chiaro quindi che la capacità di succedere è insita in chiunque sia nato ovvero concepito al momento dell’aperta successione e, per ciò che concerne la successione testamentaria, anche il discendente diretto di un soggetto in vita al tempo della morte del de cuius, anche se non ancora concepito.

La capacità di succedere si correla ed è subordinata alla “capacità giuridica”,  che è la  capacità del soggetto di essere titolare di diritto ed obblighi e  si acquisisce  al momento della nascita (con il primo respiro) quindi un soggetto che non possiede la capacità giuridica non potrà neanche avere modo di succedere. 

Nell’ordinamento italiano, gli animali vengono considerati impropriamente “beni mobili”, che possono formare oggetto di diritti reali e di rapporti negoziali, ma che, in quanto tali, sono privi dell’idoneità, riconosciuta dalla legge, di essere titolari di diritti e doveri.

Questo  consente di escludere, con certezza, che gli animali domestici, siano provvisti di capacità successoria, in quanto detta capacità risulta esclusivamente riservata a persone fisiche e giuridiche.

Ne deriva che l’eventuale  testatore,  che fosse “proprietario” di un animale domestico e volesse disporre nei suoi confronti, non potrebbe farlo in via diretta, ma dovrebbe/potrebbe nominare erede, mediante il proprio atto di ultime volontà, una persona fisica o giuridica  (quale un’associazione a tutela degli animali), attribuendole l’onere di prendersi cura, in toto e sine die, del proprio animale domestico.

In tal modo, il testatore riesce ad ovviare, in maniera assolutamente legittima, al divieto imposto dalla legge in materia, in quanto l’inumana creatura, pur non potendo assumere la qualità di erede, diventa indirettamente beneficiaria degli effetti della disposizione testamentaria.


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