Portierato e lavoro del coniuge

07/04/2021 | Varie

Ancora oggi in molti condomini, è presente la figura del portiere che,  in molti casi, vive con la propria famiglia in un alloggio messo a disposizione dal condominio stesso.

Negli anni passati  capitava che, in fase di assunzione, si chiedesse la disponibilità del coniuge del portiere nel dare una mano, a titolo gratuito, nel caso in cui quest’ultimo ne avesse avuto bisogno o nel caso si fosse ammalato per qualche giorno. 

Per molti anni si è assistita ad una situazione assolutamente tollerata dal condominio e dagli amministratori,  in cui il coniuge del portiere “gli dava una mano”;  negli ultimi tempi pero’  è capitato ad alcuni coniugi, di venire richiamati da  condomini che asserivano che  solo il titolare del rapporto di portineria poteva svolgere le relative mansioni e che l’espletamento da parte del coniuge, configurasse  “lavoro in nero”  intimando quindi di non proseguire l’attività di assistenza e collaborazione.

Le prestazioni lavorative si presumono a titolo oneroso, cioè vanno retribuite ma, per quanto questa sia la regola generale, possono essere prese in considerazione delle prestazioni rese a titolo gratuito, configurando un rapporto atipico ammesso dal nostro ordinamento. Il Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro riconosce espressamente che si possa lavorare senza retribuzione. La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con Sentenza 26/01/2009 n. 1833 ha sancito che: “Ogni attività è presunta a titolo oneroso salvo che si dimostri la sussistenza di una finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa”, quindi trattasi di una collaborazione “affectionis vel benevolentiae causa”   vale a dire svolta per solidarietà.

In questo caso non è corretto  parlare di “lavoro nero”  visto che non c’è  una retribuzione nascosta al fisco.   La giurisprudenza ha ritenuto legittima la prestazione, a titolo gratuito,  resa ad amici e familiari, da parte dei liberi professionisti e ha anche ritenuto che puo’ sussistere il rapporto a titolo gratuito per chi aiuta un commerciante all’interno dell’esercizio commerciale,  per un legame di amicizia, senza che si configuri un rapporto di lavoro subordinato. 

Nel rapporto “affectionis vel benevolantiae causa”, il rapporto si configura tra una persona e un datore di lavoro, con cui c’è direttamente un legame personale. Nel caso del coniuge del portiere, non è quest’ultimo il  datore di lavoro ma il condominio. Non è quindi  vietato che il coniuge presti attività collaborativa a titolo gratuito nei confronti e con il consenso del condominio, per  “affectionis vel benevolentiae causa” nei confronti del portiere (suo coniuge). 

L’unico adempimento in capo al datore di lavoro, eventualmente sarebbe il pagamento annuale dell’INAIL, opzione probabilmente più economica del dover chiamare e retribuire una ditta esterna, con cui si andrebbe a configurare un rapporto di lavoro a titolo oneroso.


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